Tumore al seno. Perché oggi si guarisce di più: prevenzione, diagnosi e guarigione, i tre volti della speranza rosa
- Libellule Onlus
- 11 ott
- Tempo di lettura: 5 min

Sono passati esattamente 40 anni dal primo evento di quello che sarebbe diventato il Mese per la sensibilizzazione sul tumore al seno, il Breast Cancer Awareness Month: una campagna organizzata negli Usa nel 1985 dall’American Cancer Society (ACS) insieme alla divisione farmaceutica della Imperial Chemical Industries. Da allora, l’iniziativa si è diffusa in tutto il mondo e ottobre è diventato il mese simbolo della prevenzione del carcinoma mammario: 31 giorni di messaggi, campagne ed eventi per ricordare a tutte le donne di non trascurare la salute del proprio seno. Come? Con la prevenzione primaria, ossia quella che passa per gli stili di vita, e con la prevenzione secondaria, e cioè la diagnosi precoce attraverso visite senologiche, ecografie mammarie e screening mammografico.
QUANTE DONNE SI AMMALANO IN ITALIA
Per capire il motivo di una così imponente movimentazione bisogna partire dai numeri. Il tumore al seno è infatti la neoplasia che più di ogni altra colpisce il genere femminile, ed è anche quella più frequente in assoluto.

Guardiamo alla popolazione italiana: nel 2024 hanno ricevuto questa diagnosi oltre 53 mila donne (un numero di persone che potrebbe riempire il Colosseo e che corrisponde più o meno a quello degli abitanti di Matera) e circa 600 uomini. In tutto, le donne viventi che anche in passato hanno avuto la malattia sono 925 mila (ossia oltre tre volte le persone che può contenere il Circo Massimo, nonché più di tutti gli abitanti di Torino).
Un paio di dati ancora possono aiutare a comprendere l’impatto di questa neoplasia: nella popolazione femminile, rappresenta il 31% di tutti i casi annui di tumore (per confronto, il secondo della lista è il tumore del polmone, che rappresenta poco più del 9% dei casi, e il terzo è quello del colon-retto, con il 7,3%). E, complessivamente, quasi la metà (45%) di tutte le donne che vivono dopo una diagnosi di tumore hanno avuto un carcinoma mammario.
L'INCIDENZA È IN AUMENTO? E NELLE GIOVANI DONNE?
L’incidenza sembra più o meno stabile negli ultimi anni, con lievi incrementi nelle diverse fasce di età. Secondo i dati dei Registri Tumori (AIRTUM), nelle donne under 50 è stato registrato un incremento dei casi soprattutto tra i 45 e i 50 anni di età, che varia tra lo 0,3% allo 0,5% annuo. Questo dato sembra essere dovuto principalmente a due fattori: l’allungamento dell’aspettativa di vita e l’allargamento delle fasce di età per lo screening, che in alcune regioni - in particolare in Basilicata, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche, Toscana e Veneto - oggi comprendono le donne tra i 45 e i 74 anni (invece che la fascia “classica” tra 50 e 69 anni). Inoltre, la grande sensibilizzazione delle più giovani traina un altro fenomeno: l’aumento dei controlli spontanei. Questo lieve incremento dell’incidenza potrebbe quindi essere il riflesso positivo della maggiore attenzione da parte delle donne. Non si può però escludere un contributo dell’inquinamento e di fattori di rischio, come vedremo tra poco.
MORTALITA', SOPRAVVIVENZA, GUARIGIONE
Arriviamo ora a una buona notizia: in 15 anni, il tasso di mortalità per tumore della mammella è diminuito di ben il 16,2%. Se la mortalità cala, vuole dire che la sopravvivenza aumenta. Oggi la sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi è dell’88%: questo numero vuol dire che su 100 donne che si ammalano, 88 sono ancora vive dopo 5 anni e molte di loro continueranno ad esserlo. Si tratta di un dato medio: la percentuale è infatti più alta quanto più precoce è la diagnosi.
Da tempo si parla anche di guarigione: la probabilità di guarigione, in oncologia, indica la percentuale di donne con la stessa attesa di vita di coloro che non si sono mai ammalate. Ebbene: per chi ha ricevuto la diagnosi negli ultimi 10 anni, la probabilità di guarigione è del 73%. Anche questo è un valore medio, che ovviamente cambia molto a seconda dello stadio in cui la malattia viene scoperta, e anche dell’età della donna: si prevede che guarirà il 99% delle donne con stadio I alla diagnosi (97% se la diagnosi è avvenuta sotto i 45 anni di età), e l’81% di quelle in stadio II. Per gli stadi più avanzati, la probabilità di guarigione scende purtroppo sensibilmente.
PERCHÈ LA DIAGNOSI PRECOCE PUO' SALVARE LA VITA
Proprio queste statistiche ci portano a comprendere l’importanza della diagnosi precoce (la cosiddetta prevenzione secondaria). Fare visite ed esami appropriati (in base all’età, alla storia familiare e personale, alla predisposizione genetica, alle caratteristiche e alla densità del seno, cioè a tutti i fattori che determinano il proprio rischio personale) non evita certo al tumore di svilupparsi ma permette di scoprirlo e trattarlo presto, quando le possibilità di sopravvivenza e di guarigione sono molto alte.

QUANTI CASI OGNI ANNO POTREBBERO ESSERE EVITATI INTERVENENDO SUI FATTORI DI RISCHI PREVENIBILI?
Qui entra in gioco la prevenzione vera e propria, quella primaria, ossia che permette di ridurre il rischio di ammalarsi. L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) stima che oltre un terzo dei casi di cancro nel mondo potrebbero essere evitati. Vediamo come:
● Consumo di alcol: tra il 2015 e il 2019, si stima che in Italia circa 12.000 nuove diagnosi di carcinoma mammario (e 3.000 decessi) siano riconducibili al consumo moderato-alto di bevande alcoliche;
● Sedentarietà/inattività fisica: contribuirebbe in modo rilevante all’incidenza del tumore, anche se le stime specifiche per il seno variano a seconda degli studi. Le linee guida per la prevenzione raccomandano almeno 150 minuti settimanali di attività fisica moderata;
● Sovrappeso e obesità: l’eccesso di grasso corporeo, specialmente dopo la menopausa, è un fattore di rischio consolidato per il carcinoma mammario;
● Fumo: contribuisce come fattore di rischio generale per molti tumori, inclusi quelli mammari, sebbene il contributo sia meno grande rispetto ad altri tumori;
● Stili di vita alimentari: dieta povera di vegetali, ricca di grassi saturi, consumo calorico eccessivo favoriscono l’insorgenza di neoplasie;
● Fattori riproduttivi/ormonali: età al primo parto, numero di gravidanze, durata dell’allattamento, uso di terapia ormonale in postmenopausa sono elementi di rischio non sempre modificabili con facilità, ma noti e monitorabili.
LO STILE DI VITA CONTA ANCHE PER CHI HA GIA' AVUTO IL TUMORE
Bene, fin qui abbiamo parlato di prevenzione in generale, ma le indicazioni sullo stile di vita valgono anche per le donne che hanno già ricevuto una diagnosi di tumore al seno. Per esempio, sempre più studi stanno
valutando l’impatto dell’attività fisica sulla riduzione del rischio di recidive (cioè di ricadute). In particolare, il beneficio stimato dell’attività fisica aerobica regolare dopo la diagnosi di tumore al seno varia tra il 15% e il 35% nella letteratura scientifica. Anche l’esercizio di forza sembra essere utile, ma è meno studiato. Attualmente, nell’ambito del tumore al seno molte linee guida raccomandano almeno un’attività equivalente a 150 minuti di attività moderata a settimana, proprio perché sembra essere associata a una riduzione del rischio di recidiva. Diversi i meccanismi biologici ipotizzati, tra cui il miglioramento del metabolismo e del microambiente tumorale, e l’abbassamento del grado di infiammazione.

Prevenire significa scegliere la vita, ogni volta. Significa credere nella forza della conoscenza, nella potenza di un controllo fatto in tempo, nella fiducia che la salute merita attenzione — oggi, non domani.
In fondo, la prevenzione è questo: un gesto di amore verso se stesse, il primo passo concreto per trasformare la paura in consapevolezza e la diagnosi in speranza.





















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